Il mondo si sta riattivando…

Intervista esclusiva al candidato del Juntos Podemos, coalizione progressita cilena, promossa dal Partito Umanista Cileno.
Tomás Hirsch, l’uomo e il candidato (nella foto insieme al presidente Lula)

È sempre stato lasciato ai margini dei dibattiti presidenziali, delle discussioni di attualità e del conflitto mediatico nella corsa alla Moneda (il palazzo presidenziale cileno, NdT). Tuttavia questo, per Tomas Hirsch, non è altro che una dimostrazione di quanto sia concentrato il potere in Cile e dell’influenza che esercita il sistema binominale sulla generazione di alleanze che escludono i gruppi minoritari, politicamente parlando.

A 48 anni, Tomas Hirsch inizia una nuova avventura presidenziale che, come nel 1999, cerca di essere un’alternativa ai blocchi egemonici della politica cilena.

Di Raúl Ríos Cavada

Tomás, che differenza c’è tra la sua candidatura del 1999 e quella di oggi?

Innanzitutto ho sei anni in più, in secondo luogo ho continuato a guardare il mondo assimilando tutta l’esperienza di questi ultimi sei anni, e forse la maggiore differenza che sento è che oggi sono convinto del fatto che il Cile che sogno e che credo molti di noi sognino non sarà costruito solo da noi, non sarà un Cile arancione, il colore del mio partito, sarà un Cile in cui saranno rappresentati e parteciperanno alla sua costruzione diversi settori, politici e sociali, e questo mi ha portato a lavorare molto intensamente su una proposta di unità di tutta la sinistra e del progressismo. Questa è la differenza principale rispetto a sei anni fa, questa specie di consolidamento in me dell’idea di un lavoro unitario, molto ampio e molto diverso di tutto il nostro settore.

Esiste un’assenza di ideologia manifesta nel discorso degli altri candidati. Poiché lei arriva dal movimento umanista, qual è il contributo del movimento alla sua candidatura?

È fondamentale, è centrale, perché la mia candidatura, che fa parte del mondo politico, è un’espressione dell’umanesimo universalista, del pensiero di Silo (NdE: Mario Luis Rodríguez, leader ideologico e spirituale del movimento umanista), dello sviluppo che sta realizzando il movimento nel nostro e in altri paesi del continente e del pianeta. Questo si traduce per esempio nell’ubicazione dell’essere umano come valore centrale, si traduce nell’utilizzo della non violenza attiva come unica metodologia di azione accettata, nell’ubicazione del lavoro sopra al capitale, nell’ubicazione di nessun essere umano al di sopra di un altro, infine ha una serie di traduzioni molto importanti, nella valorizzazione della diversità; naturalmente tutto ciò che ti cito come una specie di titolo ha uno sviluppo e una radice in una visione del mondo e in una visione dell’essere umano e della costruzione sociale dell’umanesimo universalista.

Lei cita Silo, parlando dell’umanesimo che ispira la sua visione politica. Qual è la relazione di Tomás Hirsch con il movimento umanista?

Sono attivo nel movimento umanista da quindici anni, quindi da molto tempo, e in questa partecipazione ho avuto la possibilità di fare un profondo lavoro personale e di collaborare a un lavoro di trasformazione sociale, che consente di creare strutture umaniste in diversi paesi della nostra regione, quindi è un vincolo molto profondo e di lunga data e in cui ho potuto essere vicino a Silo molte volte.

Qui si interrompe l’intervista, un cellulare dei Carabinieri chiude il passaggio di Santa Isabel con Cochrane, per controllare la manifestazione studentesca già fuori controllo convocata nel Parque Almagro. Un paio di isolati più su ci sono garanzie di sicurezza sufficienti per proseguire la conversazione.

Tomas, cosa le ha fatto decidere di intraprendere una nuova candidatura?

Non volevo essere candidato, se vuoi sapere la verità, mi dedicavo ad altri progetti dell’umanesimo e ad altre attività, ma la gente del partito ha insistito molto, mi ha presentato a lungo questa possibilità. Davvero non volevo, non è il modo di dire di tutti i candidati. Sentivo che la mia fase nella politica attuale era terminata, che avevo già dato il mio contributo. C’è stata molta insistenza, io cercavo di convincerli che era un buon momento per un altro candidato.

Che altre alternative aveva il suo partito?

Questo era il problema, non consideravano nessuna altra possibilità. Non volevano considerarne un’altra…

Reitze?

Non necessariamente. Io avevo diverse proposte, avevo in mente molti candidati che potevano farlo molto bene, e continuo a pensarlo. Ma c’era una proposta che in sostanza diceva che non lo devi a te stesso, lo devi a un progetto comune; tu sei il risultato dell’azione di molte persone, per lo meno io vedo così la vita. Quindi non sono arrivato in questo mondo per vedere come divertirmi, sono arrivato per vedere come posso aiutare a cambiarlo per renderlo migliore, e se c’è un insieme umano che sente che tu puoi contribuire in questo senso non ti resta altro che dire vamos, echemosle pa’ adelante… (andiamo, lanciamoci in avanti)

Cosa succede con la famiglia Hirsch e questa nuova candidatura? Perché perfino per lei la sua candidatura è stata un po’ una sorpresa.
In realtà sono felicissimi, perché nella prima candidatura i miei figli erano molto più piccoli, quindi non hanno potuto viverla molto bene, li prendevano in giro a scuola, cose come tuo padre è Tomás Hirsch, prenderà pochi voti. Ora sono più grandi, quindi mia figlia maggiore partecipa attivamente al lavoro della candidatura nell’ambito universitario e mio figlio che ha dodici anni si sente un umanista fatto e finito, quindi è molto entusiasta. In realtà lui è stato il primo richiamo che ho ricevuto quando mi hanno proposto di candidarmi, mi ha detto ni cagando renuncies, papá (niente rinunce, papà).

Esiste un costo familiare legato alla politica?
No, non c’è un costo familiare in assoluto, per me c’è costo familiare quando non abbiamo progetti, quando la famiglia si trasforma nell’andare al supermercato o guardare la TV. Per me non c’è costo in questa attività, ma al contrario ci motiva molto, facciamo molte attività insieme sulla candidatura e facciamo molte altre attività insieme. Mia moglie è un’attiva militante del partito, infatti è presidente della regionale metropolitana, quindi non vedo un costo in questo: inoltre i miei figli sono cresciuti tutta la vita vedendoci in questa attività dello sviluppo dell’umanesimo, quindi questo per loro non ha niente di strano né di speciale.

In definitiva lei dice che l’attività politica e la famiglia possono essere compatibili nell’inquadramento dell’umanesimo?
Assolutamente.

Tornando un po’ all’attualità, cosa ne pensa di ciò che stiamo vedendo, una protesta che è sfociata nella violenza, tanto dei manifestanti quanto della polizia?

Credo che rifletta molto bene il Cile di oggi in cui c’è repressione, in cui c’è persecuzione, in cui non si permette la libera espressione, in cui i giovani che vogliono rappresentare le loro idee sono repressi e non si aprono spazi affinché possano dialogare. I ministri non li ascoltano e credo che camminare con te, in mezzo a questa persecuzione, in mezzo ai carabinieri, alle bombe lacrimogene e all’acqua, sia vedere un riflesso molto buono del Cile attuale, perché nel frattempo ci sono altri che vivono senza voler sapere quello che succede e c’è un governo che legifera completamente alle spalle delle richieste degli studenti in questo caso e dei lavoratori il primo di maggio.

E qual è la sua proposta in merito? Per esempio, quale sarebbe il contributo di questi stessi studenti in un eventuale governo di Tomas Hirsch?
Credo che sia assolutamente possibile governare e avere un progetto ascoltando e dando partecipazione. Mi hanno anche detto che la gente si allontana dai partiti politici perché non danno partecipazione e da questo punto di vista il partito umanista sta crescendo, lo abbiamo fatto in tutti questi anni, perché crediamo veramente nella partecipazione come forma diversa di fare politica e pertanto una forma diversa di fare governo. Credo che, indubbiamente, alla fine si deve arrivare a decisioni e queste non sempre piacciono a tutti e funziona così, non c’è modo di risolvere questa equazione, ma nel processo è fondamentale ascoltare tutti i settori, dare loro uno spazio per avere le loro opinioni. Lo sto facendo, per esempio, nel mondo in cui stiamo creando il programma di governo del Juntos Podemos, che si sta realizzando a partire dal lavoro e dalle proposte che si stanno elaborando nelle comunità: da lì deve nascere il programma di governo e non da un gruppo di tecnocrati completamente scollegati dalla realtà e da ciò che accade nel paese. Questo si può estrapolare a livello di governo.

Questa è l’unica differenza tra Tomas Hirsch e i suoi avversari nella corsa alla Moneda?
No, c’è molto di più, tutto direi, perché propongo un modello di società completamente diverso da quello di oggi; in pratica, io credo in uno Stato con un ruolo attivo e protagonista nella distribuzione del reddito, mentre la concertación (coalizione politica cilena di centro-sinistra, NdT) e la destra credono in un ruolo sussidiario che compensi solamente alcuni piccoli squilibri che potrebbero prodursi nel mercato. Credo in uno Stato che privilegi salute ed educazione, nella decentralizzazione profonda del paese con la creazione di nuove regioni più piccole, con l’elezione diretta dei rappresentanti, con risorse che restino nelle regioni e siano utilizzate nelle priorità che lì si definiscano. Inoltre credo nella necessità di riscuotere imposte elevate dall’attività e dal lucro finanziari, nella definizione di una royalty, ma seria, del 10 o 12% e non del 3% con cui ci intrattiene la concertación, è necessario modificare la legge sul lavoro, che oggi privilegia il capitale rispetto al lavoro, bisogna finirla con il sistema attuale dell’AFP (Amministrazione del Fondo Pensioni, NdT) e lo stato deve garantire pensioni dignitose; infine posso continuare citando un’enorme quantità di proposte e di visioni del paese che non hanno niente a che vedere con quello che sono la Concertación e la destra.


Intervista realizzata dallo studente Raúl Ríos Cavada, della Scuola di Giornalismo, Università di Santiago del Cile. Questo lavoro si è distinto nella comunità universitaria per l’onesto, diverso e vero che si sente nell’intervistato, si ringrazia profondamente Tomás Hirsch. Questa intervista viene distribuita ai diversi organismi Umanisti.
Santiago, 30 giugno 2005

Stefano Cecere
Stefano Cecere
Play well, Die Happy! Ricercatore, Sviluppatore, Educatore, Attivista, Umanista, Papà.

Ricerco, Sviluppo e Condivido nell’intersezione tra Giochi, Educazione, Tecnologie Digitali, Creatività, Filosofia e attivismo per una Politica Progressista 2050. E papà 2x

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